Non importa cosa si pensa delle auto elettriche e a quali studi si presta fede: la realtà è che in tutto il mondo si sta lavorando a sistemi di batterie più efficienti e sostenibili.
A seconda del modello, nelle auto elettriche ci sono centinaia di singole celle a batteria. Ogni cella è racchiusa in un involucro. Le celle sono raggruppate in pacchetti tramite allacciamenti e condotte, sorvegliati da sensori e collegati all’automobile. La batteria è il componente più costosto di un’auto elettrica: ad esempio, nella E-Smart costituisce circa un terzo del prezzo del veicolo. Non è da meno il peso delle batterie: per immagazzinare tra 40 e 60 kWh d’energia, necessari alle e-auto più grandi, i moduli batteria raggiungono un peso tra i 320 e i 480 kg.
Ora si sta lavorando per ottimizzare queste cifre, il raggio d’autonomia e i tempi di ricarica nelle stazioni di ricarica pubbliche. Gli approcci vanno in direzioni diverse e partono da punti diversi. Alcuni sviluppi mirano ad eliminare gli elettroliti liquidi, mentre altri puntano su materie prime alternative. In comune hanno tutti il tentativo di ottimizzare la capacità, l’autonomia, il peso e la sicurezza.
Un esempio di approccio innovativo è la batteria bipolare: con il marchio Embatt, l’istituto Fraunhofer (IKTS) di Dresda e i suoi partner hanno trasferito il noto principio bipolare dalla cella a combustibile alla batteria al litio. Le singole celle non sono più allineate l’una accanto all’altra in piccoli elementi, ma sono impilate direttamente una sull’altra su una vasta superficie. In questo modo, vengono eliminati l’intera struttura dell’involucro e i contatti elettrici altrimenti necessari, e nell’auto trova posto un numero maggiore di celle a batteria. In pratica, a parità di peso si riesce ad avere una maggiore capacità. Inoltre, gli elettrodi della batteria sono realizzati in modo tale da poter rilasciare e riassorbire energia molto rapidamente. A medio termine, il nuovo concetto di «imballaggio» dovrebbe far aumentare l’autonomia fino a 1000 chilometri.
All’inizio del 2020, l’Empa di Dübendorf e il Fraunhofer-Institut für Silicatforschung (ISC) di Würzburg hanno avviato congiuntamente un progetto di ricerca di quattro anni. L’obiettivo è di gettare le basi per la produzione di batterie da trazione per auto elettriche di nuova generazione. Queste ultime, a differenza delle celle agli ioni di litio comunemente usate oggi, dovrebbero essere costituite solo di materie solide. Essendo costruite senza elettroliti liquidi infiammabili, la sicurezza ne risulterebbe notevolmente migliorata. Ci sono vantaggi anche in termini di dimensione e peso, perché necessitano di un incapsulamento di sicurezza meno complesso. All’Empa ci si concentra sullo sviluppo di elettriliti allo stato solido, mentre l’istituto di ricerca sui silicati Fraunhofer mette a disposizione il proprio know-how nello sviluppo dei processi e nella produzione di celle a batteria e mette a punto i primi prototipi.
La maggior parte del cobalto necessario alla costruzione delle moderne batterie agli ioni di litio proviene dal Congo, dove la sua estrazione provoca problemi ecologici e anche sociali. Per questa ragione, attualmente si stanno compiendo ricerche intensive sulle modalità per produrre nuove batterie, che siano più rispettose delle risorse e dell’ambiente. L’obiettivo è di sostituire il cobalto con il nichel, che è più economico e offre una maggiore capacità del cobalto, seppur registrando attualmente una minor durata di vita. Un’altra alternativa sarebbe il ferro, ancora più economico e disponibile ovunque. Tuttavia, il problema con questo metallo sta nella capacità, più bassa di un terzo rispetto al cobalto.
Si discute anche di batterie al magnesio-zolfo. Per due motivi: innazitutto le materie prime per gli elettrodi sono disponibili in abbondanza e a basso costo. In secondo luogo, in teoria con questa tecnologia si potrebbe immagazzinare il doppio di energia rispetto alle batterie agli ioni di litio. In questo campo, tuttavia, lo sviluppo è solo all’inizio. In particolare, mancano ancora gli elettroliti adatti al magnesio.
Si compiono ricerche anche su una combinazione di litio e zolfo, che avrebbe il vantaggio che la batteria sarebbe notevolmente più leggera di quelle odierne, rendendola ad esempio adatta all’impiego sui droni. Lo zolfo, però, è difficile da attivare e finora i ricercatori non sono riusciti ad ottenere nella pratica i valori teoricamente possibili.
Non dovrebbe cambiare solo la composizione delle batterie, ma anche la loro produzione. Oggi essa è ancora in gran parte nelle mani di società asiatiche, che sono attive in questo settore da anni e si sono anche assicurate i diritti di estrazione delle materie prime indispensabili. I costruttori automobilistici europei, invece, hanno esitato a lungo prima di investire nella produzione di celle a batteria, per cui oggi si situano nettamente alle spalle della concorrenza. Ora però questa distanza dovrebbe essere colmata grazie al sostegno della Commissione Europea che, nell’ambito della European Battery Alliance, si sta impegnando a fondo per ampliare la produzione di celle.
Anche la Svizzera è coinvolta in uno di questi progetti, più precisamente nell’iniziativa di ricerca www.battery2030.eu. Un’équipe dell’Empa coordina il progetto SeNSE, finanziato dalla Commissione Europea con oltre 10 milioni di euro. L’obiettivo delle attività di ricerca è lo sviluppo di una «batteria agli ioni di litio di nuova generazione». Nel progetto è coinvolta anche la Northvolt, punta di diamante dell’attuale produzione europea di batterie. Nel 2021, la società svedese ha messo in servizio una prima «Gigafactory» in Svezia. Un secondo impianto, in collaborazione con Volkswagen, dovrebbe sorgere in Germania entro il 2023. Con ciò l’Europa farebbe un importante passo avanti verso una produzione di batterie autonoma e sostenibile.